Una ricerca ha messo in evidenza come un farmaco per il diabete sia incredibilmente in grado di ridurre il rischio di demenza: si tratta di un risultato che potrebbe cambiare ogni cosa.
Con il termine demenza si fa riferimento al progressivo decadimento delle facoltà mentali in un individuo. Tale condizione va ad interferire sullo svolgimento delle attività quotidiane, determinando disfunzioni che interessano principalmente la memoria, la capacità di linguaggio, il ragionamento e la concentrazione di chi ne soffre. Esistono diverse forme di demenza e, da decenni, gli esperti studiano questa sindrome in cerca di soluzioni che permettano di prevenirne la comparsa e di alleviare i sintomi dei pazienti. Una recente ricerca ha sottolineato l’efficacia di un farmaco per il diabete nella riduzione del rischio del suo sviluppo.
Le stime dimostrano come negli ultimi anni si sia registrato un aumento dei casi di demenza in Italia. Secondo i dati riportati da Ocse, questo rischia di affermarsi come il quarto Paese al mondo con il più alto tasso di pazienti affetti entro il 2040. La demenza rappresenta una vera e propria sfida per la comunità scientifica. Soprattutto in nazioni in cui l’incremento dell’aspettativa di vita (insieme ad un calo della natalità) hanno portato ad un invecchiamento crescente della popolazione.
Una recente indagine, tuttavia, ha portato uno spiraglio di speranza per i ricercatori. Lo studio ha coinvolto oltre 220.000 persone, affette da diabete di tipo 2, ossia la forma più diffusa tra gli adulti della malattia. Ciò che è emerso è davvero sorprendente: a quanto pare, coloro che assumono determinati farmaci (in particolare gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2, noto anche con la sigla SGLT-2) hanno meno possibilità di sviluppare la demenza.
Il rischio si riduce proprio grazie all’azione dei farmaci. L’SGLT-2 è, infatti, la proteina impegnata nel riassorbimento del glucosio, effettuato dai reni. Gli inibitori, dunque, contribuiscono ad eliminare gli zuccheri nel sangue attraverso le urine portando di conseguenza ad una riduzione del livello di glicemia (quando si è a digiuno ma anche dopo i pasti).
La ricerca ha inoltre dimostrato la maggiore efficacia, nel prevenire la demenza, di questa categoria di farmaci rispetto ad un’altra classe, ovvero gli inibitori della dipeptidil-peptidati 4 (DPP-4). I partecipanti allo studio, infatti, sono stati divisi in due gruppi distinti – formati ciascuno da 111.000 individui (di età compresa tra i 40 e i 69 anni).
L’assunzione di inibitori dell’SGLT-2 ha provato di ridurre del 35% la possibilità di essere affetti dalla patologia in confronto alla seconda categoria di farmaci. Tale differenza, secondo gli studiosi, è data dal fatto che i primi hanno “mostrato effetti neuroprotettivi diretti attraverso molteplici vie”, che sarebbero in grado di “ritardare” lo sviluppo della demenza, in particolare per quanto riguarda quella vascolare e l’Alzheimer.
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